PALAZZI E VILLE delle MARCHE: a caccia di stampe e di originali
In questo secondo appuntamento della mia rubrica, vi invito alla scoperta di ben tre dimore storiche marchigiane (e non solo), dove la presenza della stessa immagine nel soffitto dipinto (trattasi spesso di un salone), testimonia il grande favore di cui godeva in provincia la riproduzione di una celebre opera decorativa romana negli anni a cavallo tra Sette e Ottocento.
2. Allegoria dell'Aurora:
Palazzo Lazzarini di Macerata;
Villa Lauri di Pollenza (MC);
Palazzo Venieri Carradori di Recanati (MC).
Nel cielo si annuncia l'inizio di un nuovo giorno; Aurora (la greca Eos), vestita di giallo, diffonde nell'aria i colori tenui di pallide rose e fiori (Esiodo, Teogonia 371; Omero, Iliade VIII e XIV, Odissea XV); alle sue spalle, con torcia che arde, il figlio Fosforo, "nunzio della luce sulla terra", prima stella del mattino (Esiodo, Teogonia 378, 381; Omero, Iliade XXIII); sul carro, trainato da quattro cavalli di colore diverso, come le digradanti sfumature della luce all'avanzarsi del giorno (Ovidio, Metamorfosi, II), c'è suo fratello Elio, il dio Sole (Omero, Iliade VII e VIII; Esiodo, Teogonia 371; Inno Omerico XXXI); intorno al dio stanno le Ore che, assolto il compito di attaccare i cavalli al cocchio d'oro, opera di Efesto, governano con lui il ciclo delle stagioni e della natura (Omero, Iliade,V; Esiodo, Teogonia 901).
Nella parte superiore di questa incisione, tratta da un rilievo romano del II secolo d.C. con Mitra che uccide il toro sacro (al Louvre-Lens), compaiono, ad eccezione delle Ore, i protagonisti della nostra scena.
Sono sicura che a molti di voi questa immagine dell'Aurora risulterà familiare, anche se il luogo in cui è stata elaborata, di proprietà privata, non è particolarmente accessibile, dato che rimane aperto al pubblico solo il primo giorno di ogni mese.
Ma vi assicuro che vale la pena organizzarsi per andare a darle un'occhiata.
Siamo ancora una volta a Roma, ma nella Roma di inizio Seicento, nell'odierno Casino Pallavicini Rospigliosi, la cui sala centrale ospita questo celebre affresco di Guido Reni (1575-1642).
Fu Scipione Borghese (suoi erano il palazzo, il parco e l'elegante casino sul Quirinale) ad ingaggiare il pittore bolognese, all'apice della sua fama, nel 1614.
Il racconto del ciclico sorgere del sole è qui strettamente connesso ai rilievi antichi che il cardinale fece inserire nella facciata del casino, in origine lastre di sarcofagi romani, i cui motivi rimandano alla ricerca dell'immortalità: così, mentre il Sole attraversa i cancelli del cielo di cui Aurora è custode, nasce per gli uomini la speranza di una rinascita e di una vita migliore.
Attraverso quali vie il disegno del celebre affresco giunse in provincia?
Stampe, of course!
Già dal XVII secolo le incisioni che lo riproducevano per intero o, come in questo esempio di Jacob Frey, estrapolandone un particolare, erano tante.
Nel cercarne degli esempi da mostrarvi, ho ritrovato alcuni "vecchi amici", incisori neoclassici di grande fama che mi era già capitato di studiare in occasione delle mie ricerche su Palazzo Passari di Montegiorgio e Palazzo Bruschetti di Camerino.
Questa bellissima stampa risale ai primi anni dell'Ottocento e si deve a uno dei massimi incisori di traduzione italiani: Raffaello Morghen (1758-1833). Qui Morghen incide il rame sulla base di un disegno fornitogli dal pittore Antonio Cavallucci, per dedicarlo al principe Giuseppe Rospigliosi, duca di Zagarolo.
Siamo in un'epoca in cui questo genere di stampe, orgogliosamente firmate e dedicate a potenti personaggi dell'alta società italiana e non solo, hanno un vastissimo mercato collezionistico.
Contemporaneo di Morghen, anche Francesco Rosaspina (1762-1841) realizza una sua versione dell'Aurora Pallavicini.
Mentre Morghen incide da un disegno di un pittore a lui contemporaneo, quello che Rosaspina ricalca è un foglio molto prezioso, dato che risale a due secoli prima ed è un raro oggetto d'antiquariato: si tratta infatti di un disegno realizzato da un notissimo pittore seicentesco, che poté ammirare l'Aurora Pallavicini non appena compiuta, tale Giovanni Francesco Barbieri, soprannominato il Guercino (1591-1666).
Ovvio che il Guercino dovette confrontarsi con l'impareggiabile modello di Reni, essendo stato chiamato, giusto sette anni dopo, a decorare con lo stesso tema la volta del Casino Ludovisi (Roma,1621).
Davvero incredibile come viaggino veloci nel tempo e nello spazio le immagini, già prima dell'invenzione della fotografia!
La mia rassegna termina con un'incisione a contorni, come vi dicevo usata generalmente a fini scientifici nei manuali di storia dell'arte ottocenteschi,
con una versione molto raffinata del 1890 del fiammingo Johannes Burger;
e, per concludere, con il soffitto di un palazzo mantovano, Palazzo Bonacolsi (o Acerbi-Cadenazzi), decorato a partire dal 1811 da Felice Campi, che fa capire chiaramente come la citazione erudita di grandi capolavori del passato non fosse solo una moda marchigiana!
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