Quest’anno
ho deciso di andare full day di sabato e le mete prescelte sono state MACERATA e
MORROVALLE, dove numerose erano le dimore gentilizie aperte per l’occasione.
A Macerata arrivo
molto presto e faccio il primo giro con i giovani ciceroni ancora in rodaggio.
Si comincia con alcune note introduttive sull’evoluzione costruttiva delle
antiche mura cittadine, per capire come e quando si sviluppi l'attuale facies di via Mario Crescimbeni,
dove sono diretta per vedere gli interni di quattro palazzi.
Le visite guidate sono gestite dall'Istituto Agrario "G.
Garibaldi" di Macerata, dall'ITCAT "A.D. Bramante" di Macerata, dal
Liceo Scienze Umane "G. Leopardi" di Cingoli e dall’Istituto
"Bambin Gesù" di San Severino Marche, ai cui docenti è affidata la redazione delle notizie di carattere storico-artistico. Intorno alla questione della correttezza e dell'esaustività dei contenuti offerti ho intenzione di scrivere un commento a parte nei prossimi giorni.
Il percorso è allietato dalla presenza di giovani ciceroni in costume settecentesco: alcuni stazionano lungo la strada, altri ci accolgono all’interno dei siti; spesso mettono in scena vere e proprie drammatizzazioni, presentandosi nei panni di Giovanni Mario Crescimbeni (cofondatore, a Roma, dell’Accademia dell’Arcadia), dell’ingegnere militare Pietro Paolo Floriani e di padre Matteo Ricci, gesuita, matematico, cartografo e sinologo maceratese (la cui casa natale si credeva erroneamente ubicata proprio in via Crescimbeni).
Palazzo Floriani Carradori, via M. Crescimbeni n. 5.
Le stanze in cui è possibile entrare fanno parte del nuovo appartamento realizzato
nel 1820 per volontà del conte Telesforo Carradori (l’edificio
era stato venduto da Ignazio Compagnoni Floriani all’avvocato tolentinate
Marone Mancini nel 1811; Telesforo Carradori ne entra in possesso nel 1814).
Autore delle decorazioni è il pittore maceratese Giacomo Zannoni.
Il ciclo celebra le straordinarie gesta eroiche degli avi della famiglia.
Nel primo riquadro, la scritta recita:
Vincenzo Cesare Carradori capitano di 100 imolesi va a sue spese con Goffredo alla conquista di Gerusalemme, 1090.
Nel secondo riquadro, la scritta recita:
Scipione Carradori capitano di Carlo Magno avendo acquistato un cocchio d'oro battendo il nemico, lo donò al suddetto che lo fece generale e lo amò sempre.
Questo lo stemma dei Carradori, la cui presenza ricorre in più stanze.
Sono invece attribuite all'ottocentesca bottega della "Scuola maceratese" le decorazioni delle stanze successive, a cominciare dal ricco apparato pittorico che caratterizza il soffitto a cassettoni di questo stretto corridoio.
... con il Cupido recante faretra e corona di fiori in decorazione ad ombrello del camerino adiacente la stanza con stemma...
In questa stanza, ad esempio, lo stemma Carradori orna gli scudi posti agli angoli del soffitto, mentre i mascheroni sui lati rappresentano le quattro stagioni.
Palazzo Romani Adami, via M. Crescimbeni n. 28-30. Sede della Fondazione Cassa di
Risparmio della Provincia di Macerata, che ha concesso i locali in comodato d’uso
gratuito a tempo indeterminato all’Università di Macerata. Oggi è sede del
rettorato dell’ateneo.
Il sito della Fondazione fornisce le essenziali informazioni
sulla storia dell’edificio e i passaggi di proprietà alla
pagina http://fondazionemacerata.it/patrimonio-artistico-fondazione-carima-macerata/palazzi-storici-fondazione-carima-macerata/palazzo-romani-adami/
Il
palazzo fu abitato dall’odierno ramo dei Romani Adami o meglio Adami Romani,
derivato dal matrimonio nel 1711 tra Filippo Adami, patrizio di Fermo, e
Caterina Romani di Monte San Giusto. Alla fine dell’Ottocento la famiglia si trasferì
da Macerata a Fermo, nel Palazzo Romani Adami di contrada Castello (corso Cavour n. 94).
Risalgono al 1911, data di insediamento della Banca Popolare, le decorazioni in
stile liberty inneggianti alle origini della floridezza del territorio: sui
fascioni sono raffigurate le personificazioni dell’Industria, del Commercio
e dell’Agricoltura; sul soffitto tre jolies femmes in fiore inneggiano alla Fertilità.
Più
antica appare la decorazione della stanza successiva, realizzata da un ignoto, abile
quadraturista a fine Settecento, vale a dire al tempo dell’acquisto del
palazzo da parte di Francesco Romani (1786).
Al
centro della volta celeste, la dèa della caccia Diana sta sfilando una delle
sue frecce dalla faretra; nei medaglioni agli angoli fanno capolino quattro muse; sulle finte
colonne che si ergono sopra le muse sono raffigurati quattro stemmi gentilizi,
chiari riferimenti ai matrimoni illustri degli avi di famiglia.
Molto
bello anche il soffitto della stanza successiva, dove si sono conservati e puntellati i cassettoni settecenteschi.
Palazzo Narducci Boccaccio, via Crescimbeni n. 81.
Il restauro della facciata principale e la ristrutturazione del palazzo, eretto nel XVI secolo, è opera di Agostino Benedettelli (1853). Risale invece al 1881 il rifacimento del prospetto su via Crescimbeni.
Il palazzo porta i nomi della famiglia Narducci, originaria di Lucca, e dei Boccaccio di Fano, questi ultimi presenti a Macerata sin dal Cinquecento e proprietari dell'immobile dal 1768.
Proprio alla seconda metà del Settecento si può attribuire lo
splendido soffitto con Diana cacciatrice sulle nuvole. Nei medaglioni monocromi
sono rappresentate varie personificazioni di virtù.
Sono invece attribuite all'ottocentesca bottega della "Scuola maceratese" le decorazioni delle stanze successive, a cominciare dal ricco apparato pittorico che caratterizza il soffitto a cassettoni di questo stretto corridoio.
Circondati dalle consuete grottesche, un genere che nasce nell'arte romana e i cui temi
principali sono tralci vegetali, candelabri, figure umane e di animali fantastiche e mostruose, il tutto impaginato senza un'apparente logica narrativa, appaiono i bei quadretti con paesaggio, ispirati alle antiche pinakes pompeiane.
Laddove in un quadretto si fa appello all'invenzione barocca del paesaggio con rovine,
in un altro il rimando all'antichità è di carattere più letterario: siamo a Troia, il cavallo sosta dentro le mura e la città, ormai caduta, è in fiamme.
Nella prima stanza ottocentesca del nostro itinerario all'interno di Palazzo Narducci Boccaccio la gestione degli spazi decorativi e i temi impiegati sono molto simili a quanto visto nel corridoio: grottesche alternate a piccoli quadretti ottagonali, in questo caso narranti antiche favole mitologiche.
Cominciamo con la storia d'amore tra Diana e il bellissimo pastorello Endimione, sulla quale vi rimando alla pagina http://www.blindarte.com/annuncio/24676-diana-ed-endimione anche per un valido confronto con un quadro di Francesco De Mura (1696-1782).
Tra la fine del Settecento e la prima metà del secolo successivo, il tema delle visite notturne della dèa all'amato dormiente è molto diffuso nei palazzi delle Marche; a Recanati, ad esempio, ricorre in Palazzo Carradori e in Palazzo Dalla Casapiccola, da dove provengono le due immagini successive.
Torniamo a Macerata e proseguiamo ora con Fetonte, figlio di Helios (Apollo) e di Climene. Nelle Metamorfosi (I, 174 e II 47-324), Ovidio racconta come il giovane, roso dal dubbio che suo padre non fosse davvero un dio, ottenne da Apollo il permesso di guidare per una volta il carro del sole nel cielo. Purtroppo, a causa della sua inesperienza, Fetonte non
fu in grado di trattenere la foga dei cavalli e, uscendo dal cammino ordinario,
provocò dapprima una lunga bruciatura nel cielo (dando così origine alla Via Lattea), poi, avvicinandosi troppo alla terra, trasformò la Libia in un deserto. Giove allora intervenne, fulminando l'incauto giovane e facendolo precipitare nel fiume Eridano (il Po).
E' questa la diffusissima scena della Caduta di Fetonte.
Notissimo è anche il tema di Ercole che uccide l'idra di Lerna (http://www.latelanera.com/mostri-creature-leggendarie/creatura-leggendaria.asp?id=213).
A questo punto decido di rimandare il mio commento sul riquadro inserito di seguito ad un post successivo, dove intendo sottolineare la scarsa qualità delle informazioni fornite dalle giovani guide volontarie e rivelare la corretta identificazione del tema insieme e all'importante scoperta dell'opera originale qui riprodotta dall'ignoto pittore maceratese.
Nel pannello rettangolare inferiore viene invece illustrato il tragico epilogo dell'amore tra Ero e Leandro (http://restaurars.altervista.org/mito-leandro-ed-ero-lamore-sfida-destino/).
Concludo con una bella immagine delle decorazioni in stile pompeiano delle pareti ...
... con il soffitto della stanza con stemma recante una colonna d'argento coronata da tre stelle d'oro in campo azzurro ...
... e con l'immagine delle splendide porte ottocentesche di Palazzo Narducci Boccaccio.