venerdì 30 marzo 2018

Giornate FAI primavera 2018 nella città di Macerata


Quest’anno ho deciso di andare full day di sabato e le mete prescelte sono state MACERATA e MORROVALLE, dove numerose erano le dimore gentilizie aperte per l’occasione.
 A Macerata arrivo molto presto e faccio il primo giro con i giovani ciceroni ancora in rodaggio. 
Si comincia con alcune note introduttive sull’evoluzione costruttiva delle antiche mura cittadine, per capire come e quando si sviluppi l'attuale facies di via Mario Crescimbeni, dove sono diretta per vedere gli interni di quattro palazzi.



Le visite guidate sono gestite dall'Istituto Agrario "G. Garibaldi" di Macerata, dall'ITCAT "A.D. Bramante" di Macerata, dal Liceo Scienze Umane "G. Leopardi" di Cingoli e dall’Istituto "Bambin Gesù" di San Severino Marche, ai cui docenti è affidata la redazione delle notizie di carattere storico-artistico. Intorno alla questione della correttezza e dell'esaustività dei contenuti offerti ho intenzione di scrivere un commento a parte nei prossimi giorni. 

Il percorso è allietato dalla presenza di giovani ciceroni in costume settecentesco: alcuni stazionano lungo la strada, altri ci accolgono all’interno dei siti; spesso mettono in scena vere e proprie drammatizzazioni, presentandosi nei panni di Giovanni Mario Crescimbeni (cofondatore, a Roma, dell’Accademia dell’Arcadia), dell’ingegnere militare Pietro Paolo Floriani e di padre Matteo Ricci, gesuita, matematico, cartografo e sinologo maceratese (la cui casa natale si credeva erroneamente ubicata proprio in via Crescimbeni). 







Palazzo Floriani Carradori, via M. Crescimbeni n. 5.



Le stanze in cui è possibile entrare fanno parte del nuovo appartamento realizzato nel 1820 per volontà del conte Telesforo Carradori (l’edificio era stato venduto da Ignazio Compagnoni Floriani all’avvocato tolentinate Marone Mancini nel 1811; Telesforo Carradori ne entra in possesso nel 1814).
Autore delle decorazioni è il pittore maceratese Giacomo Zannoni.
Il ciclo celebra le straordinarie gesta eroiche degli avi della famiglia.
Nel primo riquadro, la scritta recita:
Vincenzo Cesare Carradori capitano di 100 imolesi va a sue spese con Goffredo alla conquista di Gerusalemme, 1090.


Nel secondo riquadro, la scritta recita:
Scipione Carradori capitano di Carlo Magno avendo acquistato un cocchio d'oro battendo il nemico, lo donò al suddetto che lo fece generale e lo amò sempre.


Questo lo stemma dei Carradori, la cui presenza ricorre in più stanze.




In questa stanza, ad esempio, lo stemma Carradori orna gli scudi posti agli angoli del soffitto, mentre i mascheroni sui lati rappresentano le quattro stagioni.



Palazzo Romani Adami, via M. Crescimbeni n. 28-30. Sede della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, che ha concesso i locali in comodato d’uso gratuito a tempo indeterminato all’Università di Macerata. Oggi è sede del rettorato dell’ateneo. 


Il sito della Fondazione fornisce le essenziali informazioni sulla storia dell’edificio e i passaggi di proprietà alla pagina http://fondazionemacerata.it/patrimonio-artistico-fondazione-carima-macerata/palazzi-storici-fondazione-carima-macerata/palazzo-romani-adami/
Il palazzo fu abitato dall’odierno ramo dei Romani Adami o meglio Adami Romani, derivato dal matrimonio nel 1711 tra Filippo Adami, patrizio di Fermo, e Caterina Romani di Monte San Giusto. Alla fine dell’Ottocento la famiglia si trasferì da Macerata a Fermo, nel Palazzo Romani Adami di contrada Castello (corso Cavour n. 94).
Risalgono al 1911, data di insediamento della Banca Popolare, le decorazioni in stile liberty inneggianti alle origini della floridezza del territorio: sui fascioni sono raffigurate le personificazioni dell’Industria, del Commercio e dell’Agricoltura; sul soffitto tre jolies femmes in fiore inneggiano alla Fertilità.





Più antica appare la decorazione della stanza successiva, realizzata da un ignoto, abile quadraturista a fine  Settecento, vale a dire al tempo dell’acquisto del palazzo da parte di Francesco Romani (1786).
Al centro della volta celeste, la dèa della caccia Diana sta sfilando una delle sue frecce dalla faretra; nei medaglioni agli angoli fanno capolino quattro muse; sulle finte colonne che si ergono sopra le muse sono raffigurati quattro stemmi gentilizi, chiari riferimenti ai matrimoni illustri degli avi di famiglia.




Molto bello anche il soffitto della stanza successiva, dove si sono conservati e puntellati i cassettoni  settecenteschi. 



Palazzo Narducci Boccaccio, via Crescimbeni n. 81.
Il restauro della facciata principale e la ristrutturazione del palazzo, eretto nel XVI secolo, è opera di Agostino Benedettelli (1853). Risale invece al 1881 il rifacimento del prospetto su via Crescimbeni.
Il palazzo porta i nomi della famiglia Narducci, originaria di Lucca, e dei Boccaccio di Fano, questi ultimi presenti a Macerata sin dal Cinquecento e proprietari dell'immobile dal 1768.
Proprio alla seconda metà del Settecento si può attribuire lo splendido soffitto con Diana cacciatrice sulle nuvole. Nei medaglioni monocromi sono rappresentate varie personificazioni di virtù. 




Sono invece attribuite all'ottocentesca bottega della "Scuola maceratese" le decorazioni delle stanze successive, a cominciare dal ricco apparato pittorico che caratterizza il soffitto a cassettoni di questo stretto corridoio.



Circondati dalle consuete grottesche, un genere che nasce nell'arte romana e i cui temi principali sono tralci vegetali, candelabri, figure umane e di animali fantastiche e mostruose, il tutto impaginato senza un'apparente logica narrativa, appaiono i bei quadretti con paesaggio, ispirati alle antiche pinakes pompeiane.
Laddove in un quadretto si fa appello all'invenzione barocca del paesaggio con rovine, 





in un altro il rimando all'antichità è di carattere più letterario: siamo a Troia, il cavallo sosta dentro le mura e la città, ormai caduta, è in fiamme.






Nella prima stanza ottocentesca del nostro itinerario all'interno di Palazzo Narducci Boccaccio la gestione degli spazi decorativi e i temi impiegati sono molto simili a quanto visto nel corridoio: grottesche alternate a piccoli quadretti ottagonali, in questo caso narranti antiche favole mitologiche.





Cominciamo con la storia d'amore tra  Diana e il bellissimo pastorello Endimione, sulla quale vi rimando alla pagina http://www.blindarte.com/annuncio/24676-diana-ed-endimione anche per un valido confronto con un quadro di Francesco De Mura (1696-1782).  


Tra la fine del Settecento e la prima metà del secolo successivo, il tema delle visite notturne della dèa all'amato dormiente è molto diffuso nei palazzi delle Marche; a Recanati, ad esempio, ricorre in Palazzo Carradori e in Palazzo Dalla Casapiccola, da dove provengono le due immagini successive. 




Torniamo a Macerata e proseguiamo ora con Fetonte, figlio di Helios (Apollo) e di Climene. Nelle Metamorfosi (I, 174 e II 47-324), Ovidio racconta come il giovane, roso dal dubbio che suo padre non fosse davvero un dio,  ottenne da Apollo il permesso di guidare per una volta il carro del sole nel cielo. Purtroppo, a causa della sua inesperienza, Fetonte non fu in grado di trattenere la foga dei cavalli e, uscendo dal cammino ordinario, provocò dapprima una lunga bruciatura nel cielo (dando così origine alla Via Lattea), poi, avvicinandosi troppo alla terra, trasformò la Libia in un deserto. Giove allora intervenne, fulminando l'incauto giovane e facendolo precipitare nel fiume Eridano (il Po). 
E' questa la diffusissima scena della Caduta di Fetonte.



Notissimo è anche il tema di Ercole che uccide l'idra di Lerna (http://www.latelanera.com/mostri-creature-leggendarie/creatura-leggendaria.asp?id=213).



A questo punto decido di rimandare il mio commento sul riquadro inserito di seguito ad un post successivo, dove intendo sottolineare la scarsa qualità delle informazioni fornite dalle giovani guide volontarie e rivelare  la corretta identificazione del tema insieme e all'importante scoperta dell'opera originale qui riprodotta dall'ignoto pittore maceratese.






Nel pannello rettangolare inferiore viene invece illustrato il tragico epilogo dell'amore tra Ero e Leandro (http://restaurars.altervista.org/mito-leandro-ed-ero-lamore-sfida-destino/).






Concludo con una bella immagine delle decorazioni in stile pompeiano delle pareti ...






... con il soffitto della stanza con stemma recante una colonna d'argento coronata da tre stelle d'oro in campo azzurro ...


... con il Cupido recante faretra e corona di fiori in decorazione ad ombrello del camerino adiacente la stanza con stemma...



... e con l'immagine delle splendide porte ottocentesche di Palazzo Narducci Boccaccio.



giovedì 22 marzo 2018

Palazzo Antici Mattei di Recanati missing

Ho ricevuto l'invito alla presentazione del volume Palazzo Antici Mattei di Recanati. La dimora di un'antica e nobile famiglia. Incuriosita dalla possibilità di vedere i soffitti di uno dei palazzi più blasonati della città, inaccessibile da anni, ho deciso di andare: appuntamento all'Auditorium Campus l'Infinito sabato 17 marzo ore 17.


La sala era affollata e nell'attesa che la presentazione avesse inizio, il video proiettore mostrava alcune promettenti immagini del palazzo e dei suoi interni.



Dopo due ore di bei discorsi però, è stato chiaro che nessuno si sarebbe fatto carico di affrontare esaurientemente l'argomento annunciato dalla locandina. Si è parlato dell'associazione culturale che ha realizzato l'opera letteraria, si è fatto il lungo elenco di quanti hanno partecipato alla sua elaborazione, si è persino fatto un lunghissimo discorso - per lo più di carattere aneddotico - sulla nobiltà terriera del tempo che fu, purtroppo senza mai entrare nello specifico di Palazzo Antici e dei suoi esimi inquilini.
Me ne sono andata senza sapere chi fossero i componenti più importanti della famiglia, e dunque a chi si deve l'edificazione del palazzo o almeno la commissione delle decorazioni superstiti; nessuna immagine è stata mostrata e commentata e neanche una parola è stata spesa riguardo l'identità delle figure dipinte, i pittori incaricati e l'occasione dei lavori. Probabilmente sarà tutto raccontato e documentato nel libro che si poteva acquistare al termine della presentazione...
Almeno lo spero. In ogni caso, me ne sono andata molto delusa: che fine ha fatto il palazzo pubblicizzato nell'invito?

domenica 18 marzo 2018

Una gelida giornata per le vie di Bologna: c’è Art City



Dopo un inverno mite e quasi ininterrottamente soleggiato, le previsioni annunciano l’arrivo della neve a Bologna dalle prime ore del 3 febbraio... e difatti candidi fiocchi cadono alle porte della città.


Arrivata in tarda mattinata, il peggio è passato e la pioggia sta sciogliendo le ultime tracce della nevicata notturna. Fa un freddo cane.
Sono qui perché l’occasione mi sembrava irripetibile, e non mi sono sbagliata.
Mentre ai padiglioni di Bologna Arte Fiera gli accreditati del mercato d’arte contemporanea  fanno i loro acquisti, la città offre a tutti i comuni appassionati come me eventi, installazioni e mostre dislocate in varie sedi del centro storico.
Mi avvio lungo via Zamboni, la via degli universitari: la mia mèta è il civico numero 33, Palazzo Poggi. Occhiata veloce agli affreschi della Sala di Ercole al piano terra, visti e fotografati tempo fa. 


Al primo piano trovo le curiose installazioni dell’americano Dennis Oppenheim, noto esponente della land art, body art e video art, scomparso nel 2011.




A Palazzo Poggi, sede di antiche collezioni a carattere scientifico, incontro  personalmente Andreco nelle sale dell’antica biblioteca dove espone diversi fogli con disegnate sopra le sue nere, enigmatiche rocce. Il giovane e ormai affermato artista, ex ingegnere ambientale, mi mostra sul suo telefonino l’immagine di una sua opera esposta all'ultima Biennale di Venezia e risponde con disponibilità alle mie domande, ma il suo lavoro non mi fa impazzire, anzi. 


Nell’antica, splendida, biblioteca universitaria di Palazzo Poggi ci sono anche le sculture post-concettuali di Luigi Mainolfi (accanto, la mia amica e compagna di uscite Silvana).


In biblioteca trovo però molto più affascinante guardare cosa sta succedendo al di là di una porta semiaperta, dove si intravvedono giovani studiosi, forse impegnati  nella catalogazione di antichi manoscritti?
Siccome sono in anticipo sui tempi, passo a farmi un giretto veloce nella vicinissima Pinacoteca Nazionale, dove scopro con piacere la bella mostra Party of life, Keith Haring, a vision
Per promuoverne la visita, gli organizzatori hanno pensato bene di considerare il biglietto d’ingresso (3 euro) valido come riduzione per la visita alla sede della straordinaria collezione storica permanente. Senza nessuna variazione di prezzo, ci viene quindi offerta la possibilità di vedere entrambe le esposizioni… Devo ammettere che è una trovata geniale e mai mi era capitato di usufruire di uno sconto per accedere alle mostre temporanee, anzi solitamente al visitatore viene richiesto il pagamento di un costo aggiuntivo.




Tornando indietro verso Piazza Maggiore, mi ritrovo davanti a PALAZZO MAGNANI.
E qui accade la pura meraviglia. Nella sala affrescata dai Carracci, LUCA POZZI ha eretto la spettacolare Grandfather Platform. Alle due del pomeriggio non ci sono code per salire…in cima mi tolgo le scarpe e cammino su questa morbida moquette che riveste la piattaforma sopraelevata: sotto i piedi vedo una rappresentazione del cosmo, con stelle e pianeti; in un angolo, una delle lucide sculture appartenenti alla serie dei Dragon’s Eggs. Tutto intorno a me si dispiega il fregio con Le storie di Romolo e Remo. Qui il dialogo tra antico e contemporaneo funziona veramente alla grande.




Nel 1590 la decorazione del salone d’onore del palazzo voluto da Lorenzo Magnani viene affidata a Ludovico, Agostino e Annibale Carracci, i quali traggono ispirazione da Tito Livio. 
Per un approfondimento sul ciclo pittorico vi rimando al bel volume a cura di Andrea Emiliani Le storie di Romolo e Remo (Bologna, 1989).